Callisto Piazza Pittore
“S’egli parlava ognuno l’ascoltava e non osava interromperlo, se rideva ridevasi con lui, imperciocché le sue fantasie ed i suoi capricci erano così stranamente poetici e bizzarri da diffondere intorno l’allegria…”
Con questo ritratto di Callisto adolescente, tratto da un romanzo di Gaspare Oldrini, Gianni Carlo Sciolla apre il catalogo della grande mostra che la città di Lodi ha dedicato nel 1989 alla famiglia dei Piazza, i suoi più celebri artisti. (*)
Da dove l’Oldrini abbia ricavato la sua descrizione non è dato sapere, ma a noi Callisto piace immaginarlo proprio così, come uno dei tanti ragazzi che girano per le nostre aule: forse un po’ ‘fuori di testa’, ma vivi, allegri e pieni di fantasia.
L’Oldrini dice anche che Callisto “fu creato appositamente per quel secolo in cui visse”, cioè il Cinquecento; questa sezione del sito vuole appunto mostrare il ruolo svolto dal pittore lodigiano nella grande stagione del Rinascimento lombardo.
Callisto Piazza la vita
Callisto Piazza è certo il più rappresentativo esponente della famiglia di artisti che caratterizzò l’ambiente artistico lodigiano per gran parte del XVI secolo. Tra i componenti della ‘dinastia’ dei Piazza si ricordano i fratelli Martino, nato tra il 1475 e il 1480, e Alberto (1490); i figli di Martino, Cesare (fine XV sec.), Scipione(primi anni del XVI sec.) e lo stesso Callisto, nonché i figli di quest’ultimo,Fulvio (1536) e Muzio (ca. 1545).
Callisto nasce a Lodi intorno al 1500. Avviato alla carriera artistica dal padre, esordisce probabilmente con la Santa Caterina oggi al Museo di Palazzo Venezia (Roma). Dal 1523 opera a Brescia, dove risente dell’influenza del Romanino (Presepe di San Clemente; Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo, Natività; Brecia, Collezione privata), ma anche della grande pittura veneziana.
Dal 1527 inizia un soggiorno in Val Camonica, dove lascia opere di altissimo livello, come gli affreschi dell’abside di Santa Maria del Restello di Erbanno e la lunetta con Madonna e Santi dell’oratorio di Sant’Antonio a Borno.
Nel 1529 Callisto rientra a Lodi per partecipare, con i fratelli Cesare e Scipione, alla decorazione della Chiesa dell’Incoronata. Contemporaneamente è attivo per altre chiese della città e del circondario (Strage degli innocenti, 1529-33; Assunta, 1533), nonché per committenti privati (Sposalizio mistico di Santa Caterina, Concerto, Ritratto di Ludovico Vistarini).
Nel 1534 ha inizio un secondo ciclo di interventi all’Incoronata, durante il quale Callisto dipinge ad affresco le Storie della Passione. Forse per la cappella del santo patrono, nella Cattedrale, realizza i due Miracoli di San Bassiano oggi alla Banca Popolare di Lodi. Del 1538 è la Natività della Santissima Trinità di Crema. In questo periodo Callisto prende in moglie la nobile milanese Francesca Confalonieri, che gli darà nel 1536 il primo figlio, Fulvio.
Gli anni quaranta vedono Callisto a Milano, dove tra l’altro affresca con Le Nozze di Cana, il refettorio del monastero di Sant’Ambrogio (oggi Aula Magna dell’Università Cattolica) e conOtto angeli, fregi e ghirlande la Saletta Negra del Castello Sforzesco. Nell’estate del 1545 Callisto è impegnato nell’oratorio di San Rocco, presso Dovera, in cui esegue un ciclo con Le storie di San Rocco e Ambrogio de Bredis. Egli opera anche ad Azzate (Varese), Novara, Chiaravalle e Crema. Dopo lunghe controversie lascerà incompiuto un polittico per una chiesa di Lugano, cui va probabilmente collegata l’Assunzione e incoronazione della vergine oggi in California (USA).
Nel 1551 Callisto fa ritorno a Lodi e, l’anno dopo, prende accordi per un’ancona destinata alla chiesa degli scolari di San Paolo, di cui resta solo la tela centrale con la Conversione di San Paolo. All’attività lodigiana, che lo vede anche impegnato per i lavori al quadrante dell’orologio del campanile, si affiancano alcune trasferte, a Piacenza e ancora a Milano.
Il 30 agosto del 1561 Callisto stringe un nuovo accordo per la decorazione dell’Incoronata, ma verso la fine dell’anno, prima ancora di mettere mano al lavoro, lo coglie improvvisa la morte.